Analisi narrativa del racconto fatto dagli organi
di informazione sull'emergenza COVID 19
Dal 9 Marzo 2020 l’emergenza Coronavirus creata
dai news media ha alimentato un clima di terrore spesso non
giustificato dai dati.
Questo articolo che non ha ambizioni analitiche di
natura medico-scientifica, è un’analisi fattuale della struttura
narrativa del film Coronavirus che ci è stato raccontato dai
media e nel quale stiamo tutti vivendo.
La domanda alla quale questo articolo vuole
rispondere è la seguente: l’allarmismo sul Coronavirus creato
dalla narrazione degli organi di informazione è giustificato dai
dati ufficiali?
L’obiettivo è quello di far rispondere a questa
domanda il lettore, sulla base delle informazioni finora raccolte e
che sono oggetto dell'analisi narrativa che trovate riassunta di
seguito.
L’intera narrazione del film Coronavirus si basa
sui dati. Questi famosi dati di cui tutti parlano e che i media ci
propinano quotidianamente sono in realtà qualcosa di mitologico e
leggendario perché nessuno li conosce veramente, nemmeno coloro che
dovrebbero possederli di diritto e gestirli per nostro conto.
Finora infatti la pubblica amministrazione, sia
quella di livello statale che regionale, non ha rilasciato
ufficialmente alcun dato ufficiale che ci permetta di poter valutare
la portata epidemiologica, il tasso di diffusione, il tasso di
mortalità e quindi il livello di pericolosità del fenomeno
Coronavirus.
Al fine di fornire sin da subito uno strumento di
lettura efficace al lettore che vuole comprendere meglio come
distinguere le notizie false dalle informazioni comprovate, sarà
sufficiente che ogni volta che il lettore legge un articolo, un
report, una statistica o ascolta una conferenza stampa, verifichi
semplicemente che i dati forniti: 1) siano collocati in un’area
geografica determinata 2) che siano all'interno di un quadro
temporale delimitato (da - a) e, soprattutto, se si sta parlando di
numero di decessi 3) che la causa di morte sia stata giuridicamente
accertata mediante autopsia, o perlomeno mediante tampone.
Cosa significa questo? Che qualunque informazione
relativa a decessi e contagi deve sempre essere inserita in una
finestra temporale di riferimento, che contenga le preposizioni “DA
- A” e che qualunque narrazione che racconti la storia di qualcuno
che è deceduto a causa del Coronavirus debba essere sempre
supportata da un referto autoptico.
Infatti solo la presenza di un’autopsia operata da
un medico legale può garantire giuridicamente la veridicità del
racconto. Mi sembra legittimo ricordare a tutti che in assenza di
un’autopsia non c’è causa di morte accertata e senza causa di
morte non possiamo mettere Covid 19 nel titolo di un articolo.
Nelle ultime settimane il sottoscritto ha raccolto e
verificato le storie raccontate dai principali organi di informazione
richiedendo e analizzando i dati forniti dalle istituzioni statali e
regionali preposte alla gestione dei dati.
Il quadro che ne è emerso differisce in maniera
sostanziale dalla narrazione raccontata dai principali news media ma
lasciamo che sia il lettore a giudicare.
Cominciamo dall’inizio:
Il giorno 8 aprile 2020 ho richiesto all'Istituto
Nazionale di Statistica (ISTAT) i dati relativi al numero di decessi
avvenuti sul territorio nazionale nel primo trimestre del 2019 e
quelli relativi al primo trimestre del 2020 perché volevo verificare
e quantificare l'impatto demografico dell'epidemia.
Nel primo trimestre del 2019 (1 gennaio - 31 Marzo) i decessi dei cittadini italiani residenti sul territorio nazionale sono stati 185.967 (Fonte: ISTAT)
Per quanto riguarda i dati del primo trimestre 2020 l'ISTAT non li ha rilasciati.
L'unica fonte disponibile riguardo il primo trimestre 2020 è quella di Italiaora.org - Real Time Statistic Project, secondo cui il numero dei decessi è intorno ai 180.000.
Ora, se ci fosse una pandemia in corso, i decessi del primo trimestre di quest'anno dovrebbero essere di più e non di meno rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso.
Il dato di Italiaora.org non mi è stato confermato dall'ISTAT perché l’ISTAT non ha rilasciato i dati totali dei decessi del 2020 ma soltanto una “selezione”.
Prima che io potessi sollevare alcuna obiezione sull'incompletezza dei dati, l'ISTAT ha allegato ai dati a me forniti la seguente nota: "i dati messi a disposizione non riguardano un campione di comuni, ma una selezione di questi ultimi pari a 1.084 comuni."
Tenete presente che il numero totale dei comuni italiani è di 7904 e che quindi la percentuale dei dati che l'ISTAT ha messo a disposizione e che loro definiscono "selezione" è circa il 13% dei comuni italiani. L’ufficio stampa dell’ISTAT mi ha riferito che è la prima volta che l’ISTAT fornisce una selezione dei dati e non il numero totale dei decessi e questo è dovuto all’emergenza COVID 19.
La “selezione” fornita da ISTAT non può nemmeno essere definita un campione statistico perché un campione è costituito in modo da consentire, con un rischio definito di errore, la generalizzazione all’intera popolazione. Ma per loro stessa ammissione, si tratta di "una selezione", operata sulla base di una loro non specificata “valutazione” che in termini statistici non è rappresentativa di nulla.
Qui suona il primo campanello d’allarme perché tutti gli organi di informazione stanno pubblicando dati sui decessi relativi al primo trimestre 2020, mentre l’Istituto Nazionale di Statistica, che è l’organo preposto dal governo per le statistiche demografiche, non ha pubblicato nessun dato ufficiale né conferma quelli forniti dagli organi di informazione.
Insieme all'ISTAT l'altro ente del Governo italiano preposto alla gestione dei dati anagrafici riguardanti la popolazione è l'Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR) che fa capo al Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali del Ministero dell'Interno. Oltre a questi due enti c'è il Sistema nazionale di sorveglianza della mortalità giornaliera (SISMG) che monitora in tempo reale il numero dei decessi giornalieri nella popolazione e segnala eccessi di mortalità al fine di attivare in tempi brevi interventi di risposta all'emergenza. Tuttavia il SISMG monitora soltanto 34 città italiane, che rappresentano solo il 20% della popolazione Italiana.
E nessuna, ripeto, nessuna di queste istituzioni ha finora fornito dei dati ufficiali e completi sul numero dei decessi avvenuti in Italia dal 1 gennaio 2020 ad oggi.
Quindi l'unica domanda che continuo a farmi é: da dove prendono i numeri dei decessi i giornali e i network tv?
A confondere ancora di più il quadro è il Decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, “Norme sul Sistema statistico nazionale e sulla riorganizzazione dell' Istituto nazionale di statistica” che all'art.9 (disposizioni per la tutela del segreto statistico) prevede che in casi straordinari l'ISTAT può apporre il cd. segreto statistico.
In pratica l'ISTAT può rifiutarsi di fornire i dati raccolti e all'art. 8 dello stesso decreto "Segreto di ufficio degli addetti agli uffici di statistica" si sancisce che "Le norme in materia di segreto d'ufficio previste dal vigente ordinamento dell'impiego civile dello Stato si applicano a tutti gli addetti agli uffici di statistica". Il che significa che se viene posto il segreto statistico ad alcuni dati, gli addetti agli uffici di statistica sono obbligati a non rivelarne l'esistenza al richiedente, ma possono fornirli solo ad un magistrato che ne faccia eventualmente richiesta.
Vediamo per quali finalità l'ISTAT può opporre il segreto sui dati raccolti. Al primo comma dell'articolo 9 del decreto si sancisce che i dati non possono essere esternati se non in forma aggregata, cioè i dati rappresentano una moltitudine di soggetti in modo che non si possa identificare i soggetti-oggetto dei dati. Quindi il comma serve a tutelare il diritto alla riservatezza e alla privacy.
Al secondo comma dell'art. 9 si ripete il contenuto del primo comma ma la sorpresa arriva al terzo comma che riporto integralmente:
In casi eccezionali, l'organo responsabile dell'amministrazione nella quale è inserito l’ufficio di statistica può, sentito il comitato di cui all'art. 17, chiedere al Presidente del Consiglio dei Ministri l'autorizzazione ad estendere il segreto statistico anche a dati aggregati.
Di conseguenza l'ISTAT può in casi eccezionali apporre il segreto alla pubblicazione dei dati in loro possesso, nonostante all'art. 10 del decreto "Accesso ai dati statistici" si sancisca che:
I dati elaborati nell'ambito delle rilevazioni statistiche comprese nel programma statistico nazionale sono patrimonio della collettività e vengono distribuiti per fini di studio e di ricerca a coloro che li richiedono secondo la disciplina del presente decreto, fermi restando i divieti di cui all'art. 9.
Ricapitolando: da una parte abbiamo il sistema dell’informazione dei mass media che crea allarmismo diffondendo dei dati che non hanno alcun riscontro demografico perché le istituzioni preposte non li hanno mai pubblicati. Dall’altra abbiamo le istituzioni come Istat e Ministero dell’Interno che non forniscono alcun dato ufficiale riguardo il numero dei decessi.
Se volessimo usare una metafora cinematografica, potremmo dire di essere dentro il film Scemo più scemo. Ma qui stiamo parlando della Pubblica Amministrazione che si rifiuta di fornire dati ufficiali riguardo il numero dei decessi di quello che sembra essere il peggiore caso di epidemia nella storia recente del nostro paese. Nel frattempo i media hanno generato uno stato di allarmismo senza il supporto di alcun dato demografico né giuridico. Dobbiamo infatti tenere presente che oltre al numero dei decessi ciò che manca è la causa di morte, che è l’unico elemento giuridico in grado di identificare e quantificare la presenza di un’epidemia.
Questa riportata nell'immagine è la pagina 3 della circolare del Ministero della Salute con le Indicazioni emergenziali relative all’epidemia Covid 19 riguardanti il settore funebre, cimiteriale e di cremazione pubblicata il 1 aprile 2020 che trovate qui.
Nel primo trimestre del 2019 (1 gennaio - 31 Marzo) i decessi dei cittadini italiani residenti sul territorio nazionale sono stati 185.967 (Fonte: ISTAT)
Per quanto riguarda i dati del primo trimestre 2020 l'ISTAT non li ha rilasciati.
L'unica fonte disponibile riguardo il primo trimestre 2020 è quella di Italiaora.org - Real Time Statistic Project, secondo cui il numero dei decessi è intorno ai 180.000.
Ora, se ci fosse una pandemia in corso, i decessi del primo trimestre di quest'anno dovrebbero essere di più e non di meno rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso.
Il dato di Italiaora.org non mi è stato confermato dall'ISTAT perché l’ISTAT non ha rilasciato i dati totali dei decessi del 2020 ma soltanto una “selezione”.
Prima che io potessi sollevare alcuna obiezione sull'incompletezza dei dati, l'ISTAT ha allegato ai dati a me forniti la seguente nota: "i dati messi a disposizione non riguardano un campione di comuni, ma una selezione di questi ultimi pari a 1.084 comuni."
Tenete presente che il numero totale dei comuni italiani è di 7904 e che quindi la percentuale dei dati che l'ISTAT ha messo a disposizione e che loro definiscono "selezione" è circa il 13% dei comuni italiani. L’ufficio stampa dell’ISTAT mi ha riferito che è la prima volta che l’ISTAT fornisce una selezione dei dati e non il numero totale dei decessi e questo è dovuto all’emergenza COVID 19.
La “selezione” fornita da ISTAT non può nemmeno essere definita un campione statistico perché un campione è costituito in modo da consentire, con un rischio definito di errore, la generalizzazione all’intera popolazione. Ma per loro stessa ammissione, si tratta di "una selezione", operata sulla base di una loro non specificata “valutazione” che in termini statistici non è rappresentativa di nulla.
Qui suona il primo campanello d’allarme perché tutti gli organi di informazione stanno pubblicando dati sui decessi relativi al primo trimestre 2020, mentre l’Istituto Nazionale di Statistica, che è l’organo preposto dal governo per le statistiche demografiche, non ha pubblicato nessun dato ufficiale né conferma quelli forniti dagli organi di informazione.
Insieme all'ISTAT l'altro ente del Governo italiano preposto alla gestione dei dati anagrafici riguardanti la popolazione è l'Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR) che fa capo al Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali del Ministero dell'Interno. Oltre a questi due enti c'è il Sistema nazionale di sorveglianza della mortalità giornaliera (SISMG) che monitora in tempo reale il numero dei decessi giornalieri nella popolazione e segnala eccessi di mortalità al fine di attivare in tempi brevi interventi di risposta all'emergenza. Tuttavia il SISMG monitora soltanto 34 città italiane, che rappresentano solo il 20% della popolazione Italiana.
E nessuna, ripeto, nessuna di queste istituzioni ha finora fornito dei dati ufficiali e completi sul numero dei decessi avvenuti in Italia dal 1 gennaio 2020 ad oggi.
Quindi l'unica domanda che continuo a farmi é: da dove prendono i numeri dei decessi i giornali e i network tv?
A confondere ancora di più il quadro è il Decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, “Norme sul Sistema statistico nazionale e sulla riorganizzazione dell' Istituto nazionale di statistica” che all'art.9 (disposizioni per la tutela del segreto statistico) prevede che in casi straordinari l'ISTAT può apporre il cd. segreto statistico.
In pratica l'ISTAT può rifiutarsi di fornire i dati raccolti e all'art. 8 dello stesso decreto "Segreto di ufficio degli addetti agli uffici di statistica" si sancisce che "Le norme in materia di segreto d'ufficio previste dal vigente ordinamento dell'impiego civile dello Stato si applicano a tutti gli addetti agli uffici di statistica". Il che significa che se viene posto il segreto statistico ad alcuni dati, gli addetti agli uffici di statistica sono obbligati a non rivelarne l'esistenza al richiedente, ma possono fornirli solo ad un magistrato che ne faccia eventualmente richiesta.
Vediamo per quali finalità l'ISTAT può opporre il segreto sui dati raccolti. Al primo comma dell'articolo 9 del decreto si sancisce che i dati non possono essere esternati se non in forma aggregata, cioè i dati rappresentano una moltitudine di soggetti in modo che non si possa identificare i soggetti-oggetto dei dati. Quindi il comma serve a tutelare il diritto alla riservatezza e alla privacy.
Al secondo comma dell'art. 9 si ripete il contenuto del primo comma ma la sorpresa arriva al terzo comma che riporto integralmente:
In casi eccezionali, l'organo responsabile dell'amministrazione nella quale è inserito l’ufficio di statistica può, sentito il comitato di cui all'art. 17, chiedere al Presidente del Consiglio dei Ministri l'autorizzazione ad estendere il segreto statistico anche a dati aggregati.
Di conseguenza l'ISTAT può in casi eccezionali apporre il segreto alla pubblicazione dei dati in loro possesso, nonostante all'art. 10 del decreto "Accesso ai dati statistici" si sancisca che:
I dati elaborati nell'ambito delle rilevazioni statistiche comprese nel programma statistico nazionale sono patrimonio della collettività e vengono distribuiti per fini di studio e di ricerca a coloro che li richiedono secondo la disciplina del presente decreto, fermi restando i divieti di cui all'art. 9.
Ricapitolando: da una parte abbiamo il sistema dell’informazione dei mass media che crea allarmismo diffondendo dei dati che non hanno alcun riscontro demografico perché le istituzioni preposte non li hanno mai pubblicati. Dall’altra abbiamo le istituzioni come Istat e Ministero dell’Interno che non forniscono alcun dato ufficiale riguardo il numero dei decessi.
Se volessimo usare una metafora cinematografica, potremmo dire di essere dentro il film Scemo più scemo. Ma qui stiamo parlando della Pubblica Amministrazione che si rifiuta di fornire dati ufficiali riguardo il numero dei decessi di quello che sembra essere il peggiore caso di epidemia nella storia recente del nostro paese. Nel frattempo i media hanno generato uno stato di allarmismo senza il supporto di alcun dato demografico né giuridico. Dobbiamo infatti tenere presente che oltre al numero dei decessi ciò che manca è la causa di morte, che è l’unico elemento giuridico in grado di identificare e quantificare la presenza di un’epidemia.
Questa riportata nell'immagine è la pagina 3 della circolare del Ministero della Salute con le Indicazioni emergenziali relative all’epidemia Covid 19 riguardanti il settore funebre, cimiteriale e di cremazione pubblicata il 1 aprile 2020 che trovate qui.
Provate a rispondere a questa domanda: se le autopsie sono vietate per legge, gli organi di informazione come fanno a identificare i decessi come causati da Coronavirus?
L'unica possibilità è che tali dati si basino sui tamponi che però secondo tutti gli studi finora eseguiti e raccolti dai ricercatori dell' Oxford COVID-19 Evidence Service Team presso il Centre for Evidence-Based Medicine, Nuffield Department of Primary Care Health Sciences dell'Università di Oxford hanno un'accuratezza che varia tra il 45 e il 60% e perciò non sono affidabili.
Lo studio dell'Oxford COVID 19 EST lo trovate qui
La conclusione è che senza autopsia non hai la causa di morte e senza causa di morte non hai il dato necessario per qualificare e quantificare il fenomeno epidemico.
L’allarmismo di fantasia però non è prerogativa esclusiva della narrazione degli organi di informazione. Il 6 aprile 2020 l'Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato un documento dal titolo “Survey nazionale sul contagio COVID-19 nelle strutture residenziali e sociosanitarie” che trovate qui.
La fonte dei dati dell’indagine è costituita da 2399 RSA (Residenze Sanitarie per Anziani) presenti in tutte le regioni italiane e le due province autonome, incluse nel sito dell’Osservatorio Demenze dell’ISS. Ad ognuno dei referenti di ogni singola RSA è stato inviato un questionario di 29 domande che indaga la situazione in corso a partire dal 1 febbraio 2020 e le procedure ed i comportamenti adottati per ridurre il rischio di contagio da COVID-19. Queste strutture ospitano una popolazione complessiva di 44.457 degenti. Alle ore 9.00 del 6 aprile 2020 avevano risposto al questionario 577 strutture pari al 27% delle strutture contattate.
La maggior parte di queste 577 RSA scrutinate dall'Istituto Superiore di Sanità si trovano nelle regioni più colpite dalla presunta pandemia: Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Toscana e Lazio.
Come potete verificare voi stessi, dai risultati
dell'indagine riportata a pagina 9 del Survey,
dal primo febbraio al 6 aprile 2020 su 3859 soggetti deceduti,
soltanto 133 erano positivi al tampone del Coronavirus.
Stiamo parlando di una percentuale di decessi per Coronavirus
che è del 3.4%.
La prima cosa strana è che in questa pagina il compilatore identifica il dato dei 133 positivi al Coronavirus su 3859 decessi con una percentuale del 3,1% , mentre se si fa il calcolo la cifra 133 rappresenta il 3,4% di 3859.
Tuttavia l'aspetto narrativo più incredibile di
questo racconto è che, se leggete il paragrafo a pagina 9 che
riporto di seguito, il compilatore del racconto Survey con un
artificio narrativo vorrebbe estendere il dato dei decessi per
Coronavirus includendo in modo palesemente forzato nella percentuale
anche 1310 soggetti con sintomi simil-influenzali.
Il compilatore infatti tenta di aggregare al dato
dei positivi al tampone anche coloro che avevano dei sintomi
"simil-influenzali" facendo così arrivare la percentuale
al 37% e creando nel contempo una nuova categoria epidemiologica:
COVID 19 + sintomi influenzali.
Non potendo ovviamente mentire su un rapporto
ufficiale, perché si tratterebbe di falso in atto pubblico (Art. 483
C.P), il compilatore aggiunge all'espressione “decessi di persone
positive” la frase "o con manifestazioni
simil-influenzali". Una specie di gioco delle
tre carte in stile medico-sanitario.
Questa impostazione narrativa si ripete anche nella
TABELLA 2 a pagina 11 del Survey che riportiamo qui in basso, dove,
anche se è riportato il totale dei decessi per COVID 19, che
ricordiamo essere di 133 su 3859, si cerca di
creare una nuova categoria di insieme,
aggregando il dato dei soggetti deceduti
positivi al tampone con soggetti deceduti con sintomi
simil-influenzali. Un impostazione che va bene per le
commedie di Vanzina ma che in un racconto dal titolo “Survey nazionale sul contagio COVID-19 nelle strutture residenziali e sociosanitarie” è decisamente fuori luogo.
Come potete osservare, in questa tabella (tabella 2) sono riportati
soltanto le percentuali che riguardano i soggetti deceduti positivi
al COVID 19, i quali vengono contabilizzati insieme a dei
soggetti che avevano soltanto dei sintomi
definibili come SIMIL-INFLUENZALI. Quello che manca in questa
tabella è la percentuale di soggetti deceduti la cui causa di morte
è stata accertata come dovuta esclusivamente a COVID 19.
Teniamo presente che la
definizione “sintomi simil-influenzali” significa che il
soggetto in questione non soffre di uno stato influenzale ma accusa
solamente dei sintomi che possono essere tosse, febbre, mal di gola o
anche soltanto uno di questi.
Le percentuali elencate nella tabella si riferiscono
perciò ad un insieme di soggetti che non ha alcuna ragion d’essere
aggregata, perché questo insieme è composto lo ricordiamo da quei
133 soggetti positivi al Coronavirus e dai 1310
soggetti che presentavano dei sintomi simili all’influenza.
Quindi la domanda è: perché il compilatore nel
calcolare la percentuale dei decessi per Covid 19 mette insieme
soggetti risultati positivi al tampone con soggetti che
avevano solo dei sintomi simil influenzali?
Quale valenza medico-scientifica può avere un
dato che aggrega soggetti positivi e negativi insieme?
Comprendiamo l’intento del compilatore, nel
voler “arricchire” il dato dei deceduti attribuendo alla
categoria dei positivi da covid 19 anche chi aveva solo dei sintomi,
ma stiamo parlando di un prestigioso Istituto di ricerca che si
definisce “Superiore” e che lo ricordiamo, nasce nel 1931 su
iniziativa della Fondazione Rockefeller.
Questo è lo stile narrativo con il quale l'Istituto
Superiore di Sanità ci racconta questo film.
Dopo avere letto il rapporto ho contattato il dott. Graziano Onder dell'ISS al quale ho chiesto se fosse possibile avere la totalità dei dati contenuti nell’indagine. Il dott. Onder mi ha risposto che per avere i dati completi bisogna fare una richiesta scritta alla PRESIDENZA dell'ISS ma ha aggiunto: "Non è detto che questi le saranno forniti". Se il lettore fosse interessato a inoltrare la richiesta l’indirizzo email è presidenza@iss.it
Questo per quanto riguarda il quadro narrativo che
sono riuscito a ricostruire a livello nazionale.
A livello regionale il racconto è anche più straordinario e fantasioso e soprattutto si manifesta in aperta contraddizione rispetto alle informazioni allarmistiche diffuse dagli organi di informazione.
Partiamo dalla Lombardia che è stata la regione
italiana apparentemente più colpita da questa epidemia.
All’inizio del mese di aprile 2020, la redazione
di Altraeconomia, mensile di Economia indipendente, ha inoltrato
richiesta di accesso civico alle Agenzie di Tutela della Salute (ATS)
e alle Aziende Socio Sanitarie Territoriali (ASST) lombarde. L'articolo di Altreconomia lo trovate qui.
Le Agenzie di Tutela della Salute (ATS), istituite
nel 2015 in sostituzione delle precedenti Aziende Sanitarie Locali
(ASL), sono otto e sono distribuite su tutto il territorio della
Lombardia e delle sue undici province e della Città metropolitana di
Milano.
L'Accesso civico (semplice o generalizzato) consente
a chiunque di accedere a dati, documenti e informazioni delle
pubbliche amministrazioni senza necessità di dimostrare un interesse
qualificato (Art. 5, D.Lgs. 33/2013). I dati richiesti riguardavano i
decessi negli ospedali e nelle RSA e i contagi del personale
sanitario, inclusi i medici di base, informazioni decisive che la
Regione dovrebbe avere in mano da tempo e in continuo aggiornamento.
A nemmeno una settimana lavorativa dal protocollo delle istanze,
avevano già risposto alla richiesta ben sei ATS su otto:Bergamo,
Brescia, Brianza, Insubria, Pavia e Val Padana e la risposta è stata
la stessa da parte di tutte e sei:
“Tutto il personale, non solo sanitario ma
anche tecnico e amministrativo è occupato nella gestione
dell’epidemia che ha particolarmente colpito il territorio di
afferenza della nostra ATS”.
Massimo Giupponi direttore dell'Agenzia di Tutela
della Salute di Bergamo ha inoltre aggiunto: “richiedendo
l’elaborazione di una mole considerevole di dati, allo stato non
aggregati stante il quadro aziendale sopra descritto, non può essere
evasa. E per aziende e agenzie già così provate
dall’eccezionalità una richiesta di dati -teoricamente già
raccolti e aggregati- non sarebbe pertanto compatibile con la
necessità di assicurare il buon andamento delle strutture. Di più:
si tratterebbe di nocumento sull’efficienza
dell’Amministrazione nonché causa di intralcio”.
Quindi secondo il
Direttore dell’Agenzia di Tutela della Salute di Bergamo fornire i
dati dei decessi e dei contagi in Lombardia sarebbe “causa di
intralcio” al buon andamento dell’amministrazione.
A fronte di questo diniego totale da parte della
Regione Lombardia di fornire i dati sui decessi riguardanti
l’epidemia in corso, gli organi di informazione hanno continuato e
continuano tuttora a sfornare dati allarmistici sul contagio, dati
che lo ricordiamo non sono confermati da nessuna istituzione
sanitaria né preposta al controllo demografico o
all’elaborazione statistica.
La fonte principale degli organi di informazione
sono i bollettini giornalieri forniti dalla Protezione Civile e sono
dati che mancano di quegli elementi strutturali fondamentali di cui
vi ho parlato all’inizio di questa analisi e cioè la finestra
temporale e l’area geografica di riferimento. Ad
ogni modo gli organi
di informazione, senza alcun riferimento temporale né geografico, si
sono sbizzarriti ad elaborare i dati con modalità artistiche e
stravaganti.
Adesso vi invito ad esaminare insieme a me questo
breve ma significativo articolo riassuntivo della situazione
epidemica nella provincia di Bergamo, pubblicato dal Corriere della
Sera il 1 aprile 2020 data simbolica e significativa.
La premessa di cui
bisogna tenere conto
nell’analisi di questa
narrazione è che la Regione Lombardia per mezzo delle Agenzie
di Tutela della Salute non ha mai comunicato alcun dato ufficiale
relativo nè ai decessi nè ai contagiati di Covid 19.
L’articolo, che trovate qui, è a firma di Armando Di Landro e Pietro Tosca per corriere.it pretende in sole 60 righe di
descrivere la situazione in quella che, secondo l’opinione comune,
è stata l’area più colpita in Italia dall’epidemia di
Coronavirus e nella stessa pagina è presente il famoso video del
corteo funebre militare con i camion che escono dall’ospedale da
campo bergamasco.
In questo clima di morte, e con una scenografia da
film dell’orrore, i due giornalisti nel paragrafo “il metodo e
l'esito” della lunghezza di ben 13 righe, pretendono non solo di
spiegare al lettore la metodologia statistica con la quale si è
calcolato l'impatto di questa tragedia che ha colpito centinaia di
famiglie ma lo fanno utilizzando un indovinello:
“Presi, per esempio, i 121 mila abitanti di
Bergamo e una differenza di 478 deceduti tra i residenti in città
(erano 124 a marzo 2019 e sono stati 602 quest’anno), quanti
sarebbero i morti in provincia se la popolazione cittadina fosse un
campione in grado di rappresentare tutta la Bergamasca?”
A parte il cattivo gusto di utilizzare la forma
dell’indovinello per informare il pubblico di una tragedia simile,
la domanda sottesa all’indovinello è di una superficialità unica
perché la campionatura senza la presenza della variabile temporale,
mai comunicata dalla Regione, non è fattibile e non ha alcun valore
statistico. Inoltre riguardo i soggetti deceduti bisogna verificare su quanti di questi è stata fatta l'autopsia e sappiamo che il Ministero della Salute ha
vietato l'esecuzione di autopsie sui malati da COVID 19.
Quindi questo indovinello dell'orrore pretende di rivelarci "il metodo" con il quale sono stati elaborati i dati sui decessi da Covid 19. Si tratta di una proiezione basata su una stima che non è comprovata da alcun dato demografico perché, come ripetiamo da un pò, la Regione Lombardia a tutt’oggi non ha rilasciato alcun dato ufficiale su contagi e decessi.
Inoltre è più che evidente che la forma dell'indovinello e la complicatissima formula di calcolo statistico proposta dai due "giornalisti" ha il solo obiettivo di confondere il lettore che in uno stato di tensione come quello creato da immagini di camion che portano via dei feretri non solo non può mettersi a rispondere a un indovinello ma nemmeno a fare calcoli astrusi come quelli proposti da questi due deficienti.
Ma l’elemento più creativo, se non fosse tragico, è quel numero che ho sottolineato in rosso nell’immagine (2060 vittime). Secondo i due giornalisti del corriere il numero 2060 indica i decessi per Covid 19, ancora una volta senza inquadrare il dato in una finestra temporale o geografica. La cosa drammaticamente seria è che quel numero lo ritroviamo in un altra comunicazione ufficiale riportata dal quotidiano Repubblica in un articolo pubblicato due settimane prima:
Secondo l'articolo di Repubblica che trovate qui 2060 non è il numero di decessi per Coronavirus ma è il numero di persone ricoverate in terapia intensiva. Anche qui non c’è alcuna finestra temporale né geografica che ci possa aiutare a inquadrare il dato in uno spazio e in un periodo di tempo determinati. Perciò sono dati senza senso, quindi dal film horror si passa direttamente a una commedia dei Vanzina.
La domanda che ci dobbiamo porre è quindi la seguente: questi 2060 individui sono vittime decedute a causa del Coronavirus, come raccontato dal Corriere della Sera, oppure sono pazienti in terapia intensiva come raccontato da Repubblica?
Ai fini della presente analisi la risposta non è rilevante perché ciò che questa analisi comparativa mira a dimostrare è che l’unico obiettivo della narrazione degli organi di informazione è creare terrore e allarmismo. Il tema della narrazione seguito da tutti gli organi di informazione è sempre lo stesso: seminare il terrore.
E per farlo i media utilizzano dati che non sono
comprovati da alcuna istituzione perché, come dichiarato da Massimo
Giupponi, direttore dell'Agenzia di Tutela della Salute di Bergamo,
“fornire i dati sarebbe causa di intralcio al buon andamento della
pubblica amministrazione”. Questo però non impedisce alla stessa Regione
Lombardia di continuare a creare allarme essa stessa continuando a
non fornire alcun dato.
Il presidente della Regione Lombardia Fontana,
dall’inizio dell’emergenza Coronavirus non si è mai tolto la
mascherina. La cosa può essere spiegabile dal punto di vista
estetico ma dal punto di vista narrativo il messaggio è eloquente:
c’è pericolo.
In questo articolo di Rai News che trovate qui l’assessore al
Welfare della regione Lombardia Giulio Gallera si presenta in video
mascherato e afferma che “i dati non consentono di rilassarci”.
La dichiarazione di Gallera a RAI NEWS è un esempio scolastico di racconto di fantasia: “I deceduti sono 10.511 con 273 nuovi decessi mentre ieri c'era stata una crescita di 216.”
Questi dati mancano dei parametri necessari e fondamentali ai fini statistici, infatti non si inquadrano in una finestra spazio temporale e soprattutto non sono supportati da un racconto sui referti autoptici. Ergo è una narrazione di fantasia.
Quindi da una parte la Regione Lombardia nega agli organi di informazione che ne fanno richiesta l’accesso ai dati inquadrati in un’area geografica e un periodo di tempo determinati. Dall’altro lascia tutti liberi, compresi loro stessi, di sparare qualsiasi cifra perché la regola è sempre quella di seminare il terrore. E Gallera lo dice con una mascherina sul volto mentre indossa giacca e cravatta nel salotto di casa sua. In altre parti d'Italia però qualcuno i dati sui decessi del primo trimestre del 2020 è riuscito ad averli, quantomeno quelli a livello comunale.
L’8 aprile 2020 la giornalista Paola Fichera de La Nazione di Firenze è riuscita ad ottenere dall’anagrafe del comune di Firenze i dati sui decessi del primo trimestre 2020. Nel comune di Firenze nel periodo tra Gennaio e Marzo 2020 sono decedute 1746 persone (Fonte: La Nazione Comune di Firenze) Nel 2019, nello stesso periodo, i decessi registrati dallo Stato civile sono stati 1777 (Fonte: La Nazione Comune di Firenze) Perciò nei primi tre mesi del 2020 a Firenze sono morte meno persone che nello stesso periodo dell’anno scorso. I numeri fotografano 31 morti in meno rispetto al 2019. L'articolo di Paola Fichera lo trovate qui.
In conclusione, quello che l’analisi narrativa ci ha permesso di constatare finora sono questi tre elementi fattuali incontrovertibili:
1) La regione Lombardia si rifiuta di comunicare i
dati ufficiali sui decessi agli organi di informazione perché la
trasparenza sarebbe "di intralcio" all'efficienza
dell'amministrazione. Allo stesso tempo la giunta Regionale della Lombardia diffonde essa stessa dei dati allarmistici che non si
inquadrano in nessuna area geografica né in una finestra spazio
temporale e non sono supportati da referti autoptici. Quindi si
tratta di dati giuridicamente non comprovati che mirano
esclusivamente a creare terrore e allarme ingiustificato;
2) L'ISTAT per la prima volta si rifiuta di
comunicare i dati sui decessi del primo trimestre dell'anno in corso;
3) L'Istituto Superiore di Sanità aggrega ai
soggetti positivi soggetti che manifestavano soltanto sintomi simil
influenzali, gonfiando così le percentuali.
4) I media sono totalmente liberi di diffondere dati non comprovati o addirittura inventati perché tanto nessuna istituzione ha rilasciato dati ufficiali sui decessi che siano giuridicamente comprovati come causati da COVID 19, in quanto le autopsie sono ILLEGALI per ordine del Ministro della Salute.
Sulla base del film fin qui narrato, ci auguriamo
che il lettore sia adesso in grado di rispondere alla domanda che è
stata posta all'inizio di questa analisi narrativa.
Per quanto riguarda il Governo Italiano e la Regione
Lombardia che sono i registi e produttori di questa commedia horror,
ci dovrebbero rivelare quello che in sceneggiatura viene definito
“l'antagonista” cioè chi è il nemico, perché ancora non è chiaro se il nemico è questo virus di cui non si sa niente perché nessun dato a riguardo è stato diffuso, oppure se il nemico siamo noi cittadini inermi oppure se il nemico è chi ci costringe a stare agli arresti domiciliari senza alcuna giustificazione valida.
A voi la scelta!
Attendiamo risposta.
To be Continued...
Gianluca
D'Agostino ha un dottorato di ricerca in Teoria dell'Informazione e
della Comunicazione conseguito presso l'Università di Macerata, è
stato ricercatore presso il Dipartimento di Inglese dell'Università
di Stanford, Visiting Scholar presso il Film Studies Department
dell'Università della California Berkeley e presso il Media and
Communication Department della Fordham University.
Il suo saggio “High Concept, ideazione narrativa e marketing nel grande cinema” è presente nelle principali università: Bologna, Roma 3, IUAV, Francoforte, Princeton, Yale e New York University. E' consulente narrativo di autori di fiction e saggistica e per le principali case editrici italiane
Il suo saggio “High Concept, ideazione narrativa e marketing nel grande cinema” è presente nelle principali università: Bologna, Roma 3, IUAV, Francoforte, Princeton, Yale e New York University. E' consulente narrativo di autori di fiction e saggistica e per le principali case editrici italiane
https://unimc.academia.edu/GianlucaDAgostino