Ieri presso il Teatro Dal Verme si è tenuto il convegno “Il Buon Governo e il bene comune. Cultura, economia e buona amministrazione” organizzato e promosso da Tirelli & Partners in collaborazione con il Comune di Milano, Fondazione Politecnico di Milano e ATM.
Partendo dall’arte e dal ciclo di affreschi di Ambrogio Lorenzetti, l’incontro si è sviluppato attraverso il contributo di ospiti di rilievo in una riflessione alla riscoperta della centralità del bene comune quale guida per la costruzione oggi di un mondo a misura di tutti.
Gli ospiti dell'evento:
Marco E. Tirelli, Tirelli & Partners
Mariella Carlotti
Gherardo Colombo, consigliere del CdA della RAI
Andrea Dall’Asta S. J., direttore della Galleria San Fedele, Milano
Annibale D’Elia, responsabile Bollenti Spiriti programma giovani Regione Puglia
Oscar Farinetti, imprenditore
Riccardo Luna, giornalista
Gianluca Vago, rettore Università degli Studi di Milano
Ilaria Valente, preside della Scuola di Architettura e Società, Politecnico di Milano
Salvatore Veca, filosofo
Ada Lucia De Cesaris, vice Sindaco del Comune di Milano
Filippo Del Corno, assessore alla Cultura del Comune di Milano
Giangiacomo Schiavi, vice Direttore Corriere della Sera
Essendo un incontro sul bene comune ci si aspettava un evento basato sulla partecipazione, invece al pubblico non è stato consentito parlare, intervenire, replicare o fare domande, quindi in pratica non si è trattato di un incontro ma di un comizio unilaterale.
Uno strano modo di interpretare il concetto di bene comune.
Il comizio è iniziato con la presentazione degli affreschi di Ambrogio Lorenzetti ad opera della Professoressa Carlotti che ha illustrato in maniera puntuale il contesto sociale e politico della Toscana del 1300.
In particolare, l'elemento fondamentale da cui si è poi ispirato il comizio è stata la scissione dicotomica tra bene individuale e bene comune che nella Toscana del 1300 erano connotati rispettivamente come male e bene. In pratica l'interesse individuale è rappresentato da Lorenzetti come il demonio mentre il bene comune è il presupposto della società ideale.
Il paradosso a cui si è assistito durante il comizio è che la visione medievale dicotomica del Lorenzetti è rimasta immutata anche nell'Italia del 2014.
In pratica per l'intera durata del comizio nessuno tra gli "ospiti di rilievo" ha messo in evidenza la frattura improponibile ai giorni nostri della Weltanschauung Lorenzettiana e nessuno si è sentito oltraggiato dall'assistere alla perpetuazione della visione medievale del mondo da parte dell'elite culturale che rappresenta il paese Italia. (Ah giusto! al pubblico non era consentito parlare!)
Nessuno tra "gli ospiti di rilievo" intervenuti ha mai pronunciato parole quali "coscienza collettiva" o "coscienza individuale", né tantomeno si è cercato di far coincidere le due forze individuo e collettività verso un unica direzione.
Nessuno ha detto frasi tipo "chi ruba, ruba a se stesso" oppure "se vuoi cambiare il mondo cambia te stesso".
Al contrario, la visione dicotomica individuo-società ha perseverato nella sua inscindibile contrapposizione medievale senza possibilità di conciliazione.
E stiamo parlando di ospiti che rappresentano il meglio dell'elite culturale del nostro paese.
Il mediatore del comizio, Giangiacomo Schiavi, (che è anche vice Direttore del Corriere della Sera) si è scritto su un block notes le parole chiave pronunciate dai vari ospiti: rispetto, progetto, innovazione, ordine...ma la parola "coscienza" non è mai stata pronunciata da nessuno degli ospiti (di rilievo) intervenuti.
Secondo la fisica quantistica, l'intero Universo inclusa la materia non sarebbe altro che una serie di proiezioni della coscienza ma questo tipo di visione non è nemmeno stata sfiorata dagli "ospiti di rilievo" intervenuti al comizio.
Tantomeno nessuno degli ospiti ha parlato del fatto che il cambiamento sociale avviene sempre su base individuale.
Nessuno degli ospiti ha detto che il buon governo per essere tale, soprattutto nel caso in cui voglia perseguire e diffondere l'idea di bene comune dovrebbe promuovere e implementare un sistema di Self-Empowerment, di crescita personale e soprattutto dovrebbe sviluppare il senso di appartenenza alla comunità da parte dell'individuo che di quella comunità fa parte.
Invece le uniche parole che si sono sentite presuppongono una weltanschauung ancora incentrata sulla fantomatica esistenza di una realtà separata dalla coscienza come si credeva nel medioevo.
Nonostante ciò alcuni tra gli ospiti hanno sottolineato la necessità di "stare al passo con i tempi" o che "l'Italia è indietro rispetto agli altri paesi" o "l'importanza dell'innovazione", come se l'innovazione tecnologica coincidesse con l'evoluzione della coscienza.
In pratica l'intero comizio si è basato su un equivoco culturale medievale che non è stato MAI messo in discussione.
L'unico relatore che ha sfiorato il problema è stato Annibale D’Elia, il quale ha dimostrato di essere l'unico ad essere in contatto con altri esseri umani. D'Elia ha portato come esempio il colloquio avuto con un ragazzino pugliese che gli ha raccontato un episodio estremamente rappresentativo della coscienza collettiva del nostro paese e che va a confermare che la visione medievale dicotomica bene individuale/bene comune di Lorenzetti è tuttora il leit motiv che guida la nostra società.
Questo ragazzino gli ha detto che più di una volta gli è capitato che durante una partita di calcio in cui gli è successo di segnare un gol, gli altri giocatori correvano dall'arbitro per chiedere di annullarlo.
In pratica questo episodio ci dice che il talento individuale in questo paese non solo non è promosso o supportato ma è annullato, annientato. Come annientati sono stati i partecipanti all'evento di ieri che non hanno potuto nemmeno esprimere una singola opinione né formulare una domanda ai signori che governano questo paese.
Il problema è quindi un problema di squisita matrice culturale che avevo già messo in evidenza con la recensione degli Internet Days dell'anno scorso, un evento dedicato alla comunicazione sociale, ai social network ma all'interno del quale il pubblico non aveva possibilità di interazione con i relatori.
Come si può pensare di promuovere una visione di bene comune in una società in cui la partecipazione è vietata e l'individuo è annientato?
Vorrei ricordare a tutti gli ospiti di rilievo intervenuti al comizio di ieri che la società, qualunque società è composta di individui e non esiste una società intesa come gruppo da indirizzare collettivamente come se fosse un branco di pecore o un esercito di soldati.
Sembra assurdo ma questa è ancora la visione della Toscana del 1300 che dopo più di settecento anni è ancora promossa e supportata dal Buon Governo Italiano.
E Pluribus Unum